20 maggio 2012. Il Napoli conquista la quarta Coppa Italia della sua storia battendo la Juventus.
I partenopei non vincevano un trofeo da ventidue anni. A quei tempi c’era Diego Armando Maradona, l’unico in città capace di mettere in discussione la leadership morale di San Gennaro. Oggi ci sono Cavani, Hamsik e Lavezzi e c’è anche lo sconvolto Schifani in tribuna che in qualità di Presidente del Senato partecipa alla premiazione in rappresentanza dello Stato. Uno Stato che a Napoli latita da almeno centocinquantuno anni e infatti siamo a Roma.
In campo ci sono due città Torino e Napoli, simbolo di quest’Italia che s’è formata grazie all’eroismo di un ligure partito da Quarto e mille scappati di casa. I piemontesi e i napoletani in campo a contendersi l’Italia e seduti in tribuna i loro sovrani. Francesco II re delle Due Sicilie alias Aurelio De Laurentiis e Vittorio Emanuele II di Savoia re di Sardegna alias Andrea Agnelli. La collocazione storico-metaforica di Schifani mi trova impreparato, a voi i suggerimenti.
Non è ancora iniziata la battaglia che l’Inno d’Italia rieccheggia fra i sessantamila dell’Olimpico di Roma, altro che mille. Non si fa in tempo ad annunciarlo che un concerto di fischi ne copre le note. Il Regno di Napoli ancora una volta non riconosce né l’Italia né un canto, scritto e musicato da due genovesi, che non gli appartiene. La retorica non lascia più spazio all’indifferenza ma esige contestazione: e così per tutta la partita i napoletani cantano il loro inno, la loro canzone, che non ha niente a che vedere con Roma e l’istituzionalità inamidata. Come la Flora di Anna Magnani nella Torino della Prima Guerra Mondiale i napoletani si rifiutano di cantare la marcia militare, si strappano di dosso il tricolore e intonano ‘O surdato ‘nnammurato.
Per schifani proporrei Nino Bixio.. sai, la sua mitraglia oggi come ieri spara questa robaccia: «perchè l’inno significa unità e rappresenta la nostra libertà e democrazia per le quali si sono sacrificate moltissime vite umane: non dimentichiamolo».
io mentre scrivevo ho pensato a Bava Beccaris ma effettivamente Bixio è più appropriato. E pure lui è genovese, tra l’altro.
;)
Ecco come reagisce la Nazionale di Calcio Serba se non rispetti il «codice comportamentale» che prevede il canto dell’Inno prima di ogni partita. A farne le spese Adem Ljajic, originario del Sangiaccato, regione a maggioranza musulmana, al confine con il Kosovo. http://bit.ly/Kj9bVJ
In Serbia al governo c’è Tomislav Nikolić un nazionalista travestito da progressista con un interessante curriculum alle spalle che non sembra voler riconoscere in maniera alcuna l’indipendenza del Kosovo. http://bit.ly/Ks4La9