Pubblicato su Carmillaonline il22 novembre 2014.
La XIV Feria Internacional del Libro di Città del Messico svoltasi nello storico Zocalo, cuore dell’impero azteca prima e centro del potere colonialista poi, ha visto il coinvolgimento nell’organizzazione degli eventi della Brigada para leer en libertad, garantendo così un terreno fertile per discutere di letteratura e utopia. La Brigada para leer en libertad è un’associazione culturale nata nel 2010 con l’obiettivo di incentivare la lettura e lo studio della Storia messicana. Fra gli animatori e le animatrici del progetto compaiono tra gli altri il nome dello scrittore Paco Ignacio Taibo II e della sua compagna Paloma Sáiz Tejero. La brigata si occupa di cultura e letteratura con la consapevolezza del valore sociale che questo implica, la sua azione non si limita all’organizzazione di presentazioni e festival letterari indipendenti e internazionali, al recupero di libri altresì condannati al macero e all’edizione di numerosi titoli, ma aspira a creare laboratori permanenti e territoriali per la condivisione dei saperi. Ne sono una prova la trentina di biblioteche di quartiere che la brigata ha contribuito a creare, così come i tianguis (termine con il quale si definisce il mercato tradizionale di epoca pre-ispanica in Centro America) di libri disseminati per le piazze del Distretto Federale.
La Fiera Internazionale del Libro di Città del Messico si è svolta dal 10 al 19 ottobre, tra i molti incontri organizzati dalla Brigada para leer en libertad anche quello in videoconferenza con il linguista statunitense, e molto altro, Noam Chomsky. Vi proponiamo di seguito la traduzione dell’intervista a cura di Simone Scaffidi Lallaro che ha visto alternarsi le voci di Paco Ignacio Taibo II, del giornalista de “La Jornada” Fabrizio Mejía Madrid e di Noam Chomsky.
Traduzione di Simone Scaffidi Lallaro
Paco Ignacio Taibo II: In questi nove giorni abbiamo discusso qui nello Zócalo di Città del Messico, in un momento di grande intensità politica, con un tremendo conflitto nazionale, di Storia e utopia. Mi sembrava dunque perfetto poter parlare con te di questi temi, mescolando il tutto con la letteratura, perché è molto impegnativo avvicinarsi criticamente alla Storia senza l’aiuto della letteratura e dell’utopia. Tu sei uno dei pochi compagni che propone costantemente di riscattare l’utopia. Si può vivere senza molte cose ma non si può vivere senza utopia. Che ne pensi?
Noam Chomsky: È molto difficile per chiunque poter descrivere come sarebbe uno stato di utopia in un mondo dove la medesima esistenza, non solo degli essere umani ma del pianeta stesso è a rischio quanto la nostra, proprio per questo in qualsiasi pensatore cresce l’esigenza di poter descrivere come sarebbe uno stato di utopia.
Paco Ignacio Taibo II: Eppure la necessità, se non di definire la parola ma di sapere ciò che sta dietro alla parola, la sensazione d’intravedere la luce alla fine del tunnel, è fondamentale per la sopravvivenza del pensiero critico.
Noam Chomsky: È necessaria una distinzione tra quelle che sono le prospettive della vita e le mete della vita, le prospettive sono mete di lunga durata e sono stati del mondo nei quali gli esseri umani desidererebbero stare. Le mete sono più immediate, risolvono problemi che gli esseri umani hanno in questa vita, e per poterle raggiungere – e risolvere quei problemi – è fondamentale partire dai principi, da quei principi che le persone possiedono, e in seconda battuta pensare già a uno stato ideale che sarebbe visionario.
Paco Ignacio Taibo II: Quali identificheresti come grandi e imminenti problemi che dovremmo combattere già da ora, oggi?
Noam Chomsky: Sono due i problemi cruciali in questo momento. Il primo è la minaccia sempre presente di una guerra nucleare. Il secondo, che mette in pericolo anche l’esistenza della specie, è il disastro ecologico che stiamo portando avanti noi esseri umani, che non si arresta e non s’intravede come si possa arrestare. Questi sono solo due dei problemi fondamentali che abbiamo, fare una lista dei problemi minori e più piccoli sarebbe un lavoro interminabile.
Fabrizio Mejía Madrid: Sono passati diversi anni da quando Chomsky ha visitato il Venezuela di Hugo Chavez e poi la Bolivia di Evo Morales, disse che in America del Sud si assisteva a un’esperienza utopica, si riferiva soprattutto al fatto che dopo 500 anni giungeva alla presidenza della Bolivia un indigeno con un programma che aveva a che vedere con la sostenibilità ecologica, con una commistione di alta tecnologia e tradizione. Che ne pensa ora Chomsky dell’America del Sud e nello specifico dei processi in corso in Bolivia e Venezuela?
Noam Chomsky: Beh, non c’è dubbio che l’America Latina abbia fatto grandi passi avanti per uscire dalla condizione di colonialismo nella quale si era ritrovata dopo 500 anni di dominazione straniera. Ora ha potuto finalmente confrontarsi a tu per tu, verso l’esterno, con il potere. I migliori esempi sono tanto il Venezuela quanto la Bolivia ma non si può nascondere che ora il lavoro è verso l’interno, dove i paesi latinoamericani continuano a vivere condizioni di oppressione, non più a causa dei governi esterni ma a causa di una minoranza rappresentata dagli eredi di coloro che li conquistarono. Dunque il lavoro che deve seguire è la liberazione dei popoli di fronte a questa minoranza che detiene il potere e che continua a essere tale e quale ai successori della colonizzazione europea.
Paco I. Taibo II: Stiamo vivendo in Messico un periodo inquietante, un periodo molto complicato. I cittadini, il paese, la maggioranza, sono sottomessi a una triplice e velenosa offensiva. Assistiamo per prima cosa all’offensiva neoliberale più brutale che si sia conosciuta in Messico, che distrugge i diritti agrari, i diritti dei lavoratori, che distrugge la detenzione nazionale del petrolio. In secondo luogo, l’aumento brutale di un attitudine autoritaria e repressiva da parte del governo e dei governi locali, e per terzo la delirante guerra contro il narcotraffico iniziata dal governo Calderon. È molto faticoso trovare un modo per unificare l’enorme dissenso che si è creato nel paese e dargli un solo obiettivo. Hai qualche idea brillante per aiutarci a uscire dal marasma?
Noam Chomsky: Le tre fasi distruttive sono effettivamente queste e il Messico ha un complice per questi problemi, quel complice sono gli Stati Uniti. Innanzitutto la maggior parte del consumo della droga che si produce o che passa per il paese finisce negli Stati Uniti, in cambio gli Stati Uniti danno al Messico le armi con le quali i messicani si stanno uccidendo tra loro. Gli Stati Uniti hanno una grande responsabilità. Se a questo aggiungiamo le politiche suicide che i governanti messicani stanno attuando e le riforme suicide che stanno realizzando ci troviamo di fronte a un enorme problema. Tutti gli sforzi che i popoli latinoamericani hanno attuato per ottenere l’indipendenza dal potere degli Stati Uniti sono stati sistematicamente boicottati dagli Stati Uniti e del Canada. I popoli latinoamericani in Conferenze Internazionali come quella di Cartagena hanno cercato di bloccare il potere degli Stati Uniti, di avere politiche più liberali in merito al consumo di droghe e alla lotta al narcotraffico, e gli Stati Uniti e il Canada hanno messo il veto a tali risoluzioni prese dai popoli dell’America Latina. Allo stesso tempo, mentre i popoli latinoamericani diventano più forti, come un blocco unificato contro gli Stati Uniti e il Canada, i governanti messicani hanno preso la decisione di allearsi con gli Stati Uniti girando le spalle ai popoli latinoamericani. E qui il vecchio adagio messicano: il Messico è molto lontano da Dio e molto vicino agli Stati Uniti.
Fabrizio Mejía Madrid: Chomsky è stato un duro critico della politica esterna e interna del suo paese: gli Stati Uniti. Uno dei concetti chiave che ha sviluppato è quello relativo alla fabbricazione del consenso, manufacturing consent, che è in linea con ciò che è accaduto in Messico con l’invenzione da parte dei mezzi di comunicazione ufficiali della figura di Peña Nieto. La mia domanda per Chomsky è: di fronte al potere dominante dei mezzi di comunicazione ufficiali cosa deve fare la resistenza critica per risolvere il problema?
Noam Chomsky: La strada è sostenere con tutti i nostri mezzi la stampa indipendente e faccio gli auguri a “La Jornada” per il suo compleanno. Considero La Jornada il quotidiano più indipendente della storia. Credo che i movimenti sociali indipendenti e i gruppi di contestatori debbano rivedere i loro mezzi di informazione, lavorare tra loro e aiutarsi. Sono cosciente che questo porti a un sorta di anarchia della divulgazione dell’informazione, ma ciò non è così problematico, bensì benefico nella misura in cui si sono raggiunte molte cose grazie al movimento di moltissime persone che lavorano in modo indipendente e si scambiano di giorno in giorno le informazioni. Credo che sia grazie a questo se esiste una società più civilizzata come mai era successo prima nella Storia.
Paco I. Taibo II: Noi che siamo qui siamo book believers, crediamo nel potere della parola scritta e non solo nel potere della parola scritta sotto forma giornalistica o informativa, crediamo nel potere della letteratura, non so se è perché siamo pazzi o perché siamo messicani, entrambe le possibilità son da considerarsi degne. In Messico abbiamo provato l’immenso potere della divulgazione dell’informazione attraverso la letteratura, il confronto, le critiche, le letture. Che ne pensi di ciò?
Noam Chomsky: Non so esattamente cosa sta accadendo in Messico, però negli Stati Uniti e in Europa c’è stata un’enorme diminuzione dei giovani che si avvicinano ai libri e alla lettura. Ogni giorno si legge meno letteratura, ogni giorno si legge meno anche a livello accademico, nelle università. I giovani si avvicinano più a Internet, più ai mezzi di comunicazione virtuali e questo ha fatto sì che si metta da parte il potere della parola scritta. Credo che questo sia un problema grave, e ricordo i tempi in cui quando scrivevo potevo creare metafore rimandando ai classici della letteratura supponendo che le persone avrebbero potuto capire qual era il messaggio che stavo comunicando. Ora non posso più farlo, perché quando lo faccio, la gente, i nuovi lettori, soprattutto i giovani, non lo capiscono più. Questo è uno dei problemi che dobbiamo comprendere e saper affrontare per poter riempire questo vuoto, questo buco informativo in relazione alla formazione culturale dei giovani. C’è uno studio sui movimenti sociali del XIX secolo intitolato suppergiù “L’avvicinamento idealista delle classi lavoratrici alla letteratura in Inghilterra” dove l’autore, Jonathan Rose, sostiene che a quei tempi le classi lavoratrici, le classi popolari, si avvicinavano moltissimo alla lettura. In questa maniera godevano di un livello intellettuale e culturale superiore a quello degli aristocratici. Allo stesso tempo si riunivano le persone delle classi popolari, i lavoratori, gli operai, e discutevano le opere di Shakespeare, di psicologia, gli ultimi testi di Marx, quello che aveva appena pubblicato Freud. Oggi questo non succede più e ne sono un riflesso le problematiche sociali che affliggono gli stati.
Paco I. Taibo II: Ora farò un’affermazione provocatoria: ho una profonda sfiducia in uno scienziato sociale che non legge romanzi, so che non è il tuo caso – ho le prove del contrario – che ne pensi di una frase demolitrice come questa?
Noam Chomsky: Gli scienziati sociali devo essere coscienti che nella letteratura si trovano cose che non si trovano nei testi accademici, in letteratura il lettore si può avvicinare alle passioni umane, alle necessità psicologiche, a tutte quelle cose che gli scienziati sociali non vanno necessariamente a toccare ma che sanno che esistono. La letteratura apre questa porta per poter parlare di quello di cui nell’accademia non si parla.
Fabrizio Mejía Madrid: Dici e credo sia evidente che l’accelerazione vissuta negli ultimi 30 anni, in particolare tecnologica, ci ha levato profondità. È certo che non discutiamo più di marxismo e di psicanalisi: si è formata una cultura più superficiale?
Noam Chomsky: Beh, sicuramente oggigiorno ci sono vuoti culturali enormi, ma i progressi tecnologici hanno anche permesso che segmenti di popolazione che in precedenza, in nessuna circostanza, avrebbero avuto accesso all’educazione, ora possano più facilmente avvicinarsi agli strumenti educativi. Ciò che ha comportato la diffusione della tecnologia è pertanto un problema complesso, che si relaziona sia con questioni positive che negative. Gli intellettuali e i critici devono dedicarsi ad analizzare e mettere in luce più le questioni problematiche che le questioni benefiche, perché le questioni benefiche parleranno e lavoreranno da sole. È necessario enfatizzare e criticare quelle cose che la tecnologia sta frenando o rendendo superficiali.
Paco I. Taibo II: Ho la sensazione che cambiare il Messico implichi, oltre a moltissime altre cose – trasformarlo, portarlo verso il progresso reale – un’alleanza con il meglio degli Stati Uniti, con i suoi settori più pensanti come il movimento del lavoro, con le organizzazioni sociali, con la parte migliore dei suoi intellettuali e con il meglio di Hollywood, inclusa Rita Hayworth.
Noam Chomsky: Sai una cosa? Quando avevo 12 anni vidi una pellicola con Rita Hayworth e mi innamorai immediatamente di lei.
Taibo II: C’è una spiegazione alla mia teoria su Rita Hayworth: molti anni fa sostenni che non era necessario bombardare i talebani con le bombe, ma bisognava bombardarli con videocassette contenenti un video di Rita Hayworth mentre si levava il guanto in “Gilda”.
Noam Chomsky: (ride)
Fabrizio Mejía Madrid: Forse voi sapete che Chomsky è stato il principale critico della politica dei bombardamenti in Medio Oriente, fin dai suoi anni nella Guerra del Vietnam quando andò con una spedizione – diciamo giornalistica – per conoscere i casi del Laos e della Cambogia che erano stati bombardati a causa della guerra del Vietnam, poi andò a Beirut e infine diventò un grande oppositore alla politica dei bombardamenti degli Stati Uniti. Oggi gli Stati Uniti affrontano l’ISIS, lo Stato Islamico, in Siria, Tuchia, Iraq, ecc. Cosa pensa oggi Noam Chomsky di questa nuova guerra che si realizza con robots, i famosi droni?
Noam Chomsky: La guerra e i bombardamenti con i droni, sono senza dubbio alcuno l’atto più terrorista che si è portati a capo nella storia dell’umanità e che violenta un principio storico fondamentale: ovvero che tutte le persone sono innocenti fino a quando non si dimostri la loro colpevolezza. Oggigiorno, a causa di questo modo di fare la guerra da parte degli Stati Uniti e di altri paesi, il concetto di colpevolezza si è trasformato: colpevole ora è quella persona che decidiamo in una riunione alla Casa Bianca e tutte le persone che gli stanno intorno.
Fabrizio Mejía Madrid: La mia ultima domanda per Chomsky tratterà la sua auto-definizione politica: tu sei un anarchico o che altro?
Noam Chomsky: Tra i molti concetti che ho di anarchismo il concetto nucleare e primordiale è quello che si generò durante il periodo dell’Illuminismo e che afferma semplicemente che il potere è sempre illegittimo fino a che non dimostri il contrario. Mantenendo l’ordine delle cose, nel mondo che abbiamo, i poteri stabiliti non hanno potuto in nessun momento dimostrare che sono legittimi, e per tanto da questa prospettiva sì mi considero anarchico, e invito il resto delle persone a considerarsi tali.