Pubblicato su casoesse.org il 6 novembre 2012
J. Amado, In giro per le Americhe, Einaudi: 2004, pp. 146
«la frontiera era la piazza del cinema»
Jorge Amado è con Paulo Coelho lo scrittore brasiliano più conosciuto al mondo. Non vi è dubbio però che in Brasile sia il più amato. Chiedete a un carioca di consigliarvi un libro brasiliano e questo vi indicherà Capitães da Areia (Capitani della spiaggia), domandate al libraio biondo di Porto Alegre dalle origini tedesche e vi proporrà Dona Flor e Seus Dois Maridos (Dona Flor e i suoi due mariti) o Gabriela, Cravo e Canela (Gabriella, garofano e cannella). A Bahia, beh.. nello Stato di Bahia.. evitate di chiedere. Vi basterà osservare e passeggiare per il Pelourinho, il centro storico di São Salvador de Todos os Santos per rispondervi da soli, qui Amado non è soltanto letteratura ma è vita. La piazzetta principale della colorata capitale baiana è dominata dall’azzurrissima Fundação Casa de Jorge Amado, uno spazio che promuove iniziative culturali di vario genere ma anche un’organizzazione non governativa con l’obiettivo di preservare, promuovere e studiare l’universo della letteratura baiana, con un’attenzione particolare al lavoro dello stesso Amado e di sua moglie Zélia Gattai. Tra le viuzze del Pelourinho, i romanzi di Amado si respirano, si sente il loro puzzo, la precarietà dell’aria, soprattutto quando la notte cala e la città si svuota di turisti per lasciar spazio ai viralatas [1].
Pochi però, anche a Salvador de Bahia, vi consiglieranno di leggere In giro per le Americhe di Jorge Amado, rielaborazione degli appunti di un viaggio compiuto dall’autore nel 1937. Forse perché non è un romanzo ma un’opera minore, relegata tra gli scaffali dedicati ai diari e ai resoconti di viaggio, pubblicata nel 1938 sul giornale «Dom Casmurro» di Rio de Janeiro. O forse perché non parla solo di Brasile ma va oltre. Se ci fermiamo infatti alla copertina e al titolo di questo piccolo libretto il nostro sguardo compie una traiettoria a mezzaluna, scavalca l’oceano pacifico e approda nelle Americhe. In un luogo indefinito del Nuovomondo: potrebbe essere il Canada, gli Stati Uniti, Cuba, il Brasile o l’estrema punta sud della freddissima Terra del Fuoco. Mi piace pensare che la scelta del titolo sia una provocazione e non il risultato di un viaggio interrotto – che ha visto l’autore fermarsi nel «pittoresco Messico» e non varcare i confini gringos -, o un inganno, o ancora una sfida di Amado ai nostri troppo spesso dicotomici luoghi comuni sul continente americano: il Nord sviluppato e democratico, a immagine e somiglianza degli Stati Uniti; e il Sud della diseguaglianza sociale e delle dittature, in cui rientran, per qualche strano diritto, anche il Messico e gli stati dell’America Centrale.
Le Americhe di Amado non coincidono con queste spartizioni. La stessa idea di America Latina viene affrontata come una costruzione mentale che il Brasile lusofono, lo Stato più esteso dell’intero continente sud, in fondo non riconosce appieno, sentendosi più negro-indigeno che indo-spagnolo. Perfino i confini degli Stati risultano illusori e inconsistenti. Amado esalta le diversità, non divide in blocchi, non traccia linee di confine ma dimostra come il Brasile tenga insieme realtà geografiche e culturali agli antipodi. Mette a confronto l’arido Sertão dei cangaceirose lo Stato di Bahia con il suo indissolubile e palpabile legame con l’Africa nera (l’80% della popolazione di Salvador è afrodiscendente) con le campagne del Rio Grande do Sul, terra di conquista e emigrazione europea, principalmente italiana e tedesca. L’unico elemento in comune che gli è dato constatare è la continuità della lingua portoghese nel territorio brasiliano ma è una continuità traballante che entra in crisi quando la prospettiva si allarga e si confonde con l’America Latina. Nelle pagine che seguono descrive infatti le campagne del Rio Grande do Sul che non chinano il capo alla frontiera ma si ripetono identiche in Uruguay. Il risultato è l’annullamento di un confine in cui la lingua spagnola si fonde alla lingua portoghese e la con-fusione degli idiomi rende difficile la decifrazione delle insegne dei locali. Amado oltrepassa la barriera nord-sud, per dimostrarci che più Americhe di quante possiamo immaginarci si celano dietro l’esotica e intrigante maschera dell’America Latina.
Note
[1] Il significato di viralata in italiano coincide con randagio. Letteralmente però significa gira latta. A Rio de Janeiro e Salvador è frequente incappare nell’incontro di uomini e donne che raccolgono lattine vuote, un vero e proprio esercito scalzo di senza dimora che consacra il Brasile a primatista mondiale nel riciclaggio dell’alluminio. Un primato che ha il peso sociale dei sacchi neri ricolmi di alluminio che gravano sulle spalle dei senza dimora, che per il loro lavoro ecologico sono retribuiti circa 3,00 reais (1,30 euro) al chilo. Un chilo di alluminio equivale a circa 67 lattine.