[Alberto Prunetti, Amianto. Una storia operaia, Edizioni Alegre, 2014, pp. 192]

Steve Mc Queen
Che cosa hanno in comune un operaio e uno scrittore, un saldatore e un traduttore? La risposta non è più semplice se quell’operaio è il padre morto ammazzato di un figlio scrittore, che ora, con quest’opera, ricostruisce la vita del suo vecchio a suon di schegge negli occhi e mazzuolate sul cuore. Lo fa impastando l’ironia e la leggerezza – con la quale Renato bestemmiava e combatteva i potenti – alla violenza della fabbrica e del mercato.
Alberto Prunetti ha dovuto scavare, sporcarsi e ferirsi le mani con la terra e gli attrezzi dell’officina, perché sa che solo così potrà metabolizzare, senza mai digerire, una storia che si ripete ogni giorno uguale e che non è solo sua: la storia di una minuscola fibra che s’insinua in milioni di corpi, la storia di un lavoro inumano e irrinunciabile che modifica quei corpi. Continued…
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By marabou
– 22/10/2014
Argentina-Germania, 13 luglio 2014

Neymar?
Copacabana è un quartiere decaduto da almeno quarantanni ma l’Europa non lo sa, per questo i due olandesi hanno prenotato al lussuosissimo Hotel Palace una suite completa di due letti matrimoniali, svariati divani e una piscina interna. Passeggiano l’uno dietro l’altro calpestando il sinuoso mosaico bianco e nero che li divide dalla sabbia gialla e dall’oceano atlantico, il primo tiene per mano Juliana, il secondo cinge il fianco di Carla. In un ristorante sull’Avenida Atlantica consumano un pranzo a base del noioso riassunto di Olanda-Costa Rica: monosillabi inglesi, mani sudate e sorrisi forzati. Quando l’uomo che indossa la numero 9 di Van Persie chiede il conto Carla fa scivolare il tovagliolo per terra e con la caviglia ne attutisce la caduta, lo raccoglie con un gesto rapido e lo risistema sul tavolo. All’uscita del ristorante i due gringos si distraggono ammirando le sculture di sabbia sul lungomare: la collina del Corcovado con il Cristo Redentor, il faccione di Neymar e la riproduzione dello stadio Maracana semi-abbattuta. Carla approfitta della distrazione dei due uomini per scaricare su Juliana una raffica di parole rapidissime, la sua lingua fino a quel momento sinuosa e cantata assume di colpo le caratteristiche dure e serrate del portoghese che si parla dall’altra parte dell’oceano. Juliana la guarda contrariata, mentre il viso di Carla s’indurisce per poi sciogliersi – al ridestarsi degli olandesi – in un sorriso depistatore.
Le mani pallide e arrossate dei due uomini sulla spalla destra di Juliana e su quella sinistra di Carla, la ragazza alla reception che consegna la chiave elettronica della stanza, i pori che si chiudono sotto i colpi d’aria condizionata e gli occhi di Carla che fissano quelli riflessi di Juliana nello specchio dell’ascensore. Poi le porte si aprono precedute da un segnale sonoro che anticipa la venuta di due energumeni vestiti di nero, fra le loro spalle s’insinua un divo che assomiglia in tutto e per tutto a Cristiano Ronaldo. I tre indossano occhiali da sole scuri. Continued…
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By marabou
– 11/09/2014
Pubblicato su Carmilla il 5 luglio 2014.
Olanda-Costa Rica, 5 luglio 2014

Mister NO a Salvador
Mani color d’ebano aumentano l’intensità del movimento mentre palmi consumati s’infiammano di porpora viva. Il bianco degli occhi di quattro ragazzini segue l’ondeggiare rapido di un gruppo di gonne variopinte. Poco più in là altre gonne, questa volta bianchissime, assorbono le iridi colorate di volti meticci. Un bambino con i dreadloacks si scatena in prima fila piroettando sorrisi disritmici. Ancora non lo sa ma quel ritmo sta entrando nel suo sangue, soltanto qualche anno e il corpo godrà dei lavorii del tempo scanditi dal pandeiro, dai gemiti della cuica e dal suono acuto dell’agogò. La violenza delle braccia travolge l’incedere lento e sensuale delle danze, il battito cresce, le pelli di capra raggiungono la massima tensione, la terra pare tremare sotto i colpi disarticolati di centinaia di gambe fuori controllo, gli occhi non riescono più a insinuarsi tra le pieghe delle gonne. Alcuni si chiudono, altri si spalancano oltremodo. In quell’attimo tutto sembra potersi disfare: le pelli lacerarsi, i colori colare sui corpi, il bianco degli occhi liquefarsi. Continued…
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By marabou
– 11/09/2014
Pubblicato su Carmilla il 22 giugno 2014.
Stati Uniti-Portogallo, 22 giugno 2014. Non si torna indietro di un secolo in soli dodici giorni. Quattro partite di calcio, seppur di un Mondiale, non bastano a far rivivere a Manaus il clima del 1912. Gli inglesi sulle carrozze, le nobildonne francesi vestite da catrine messicane, i grandi baroni tedeschi della gomma e i tenori italiani più importanti del tempo da lì a pochi anni si trasformarono in ricordi. Alle spalle si lasciavano le tracce del loro passaggio: la rete tramviaria elettrificata, i bordelli di lusso, i maestosi palazzi privati e una costosissimo teatro dell’opera a dominare la piazza centrale di Manaus. La città, nel cuore della foresta amazzonica, all’epoca contava poco più di 20.000 abitanti ed era come oggi raggiungibile soltanto dal cielo o dopo giorni di navigazione sul Rio delle Amazzoni.
Eppure l’Europa aveva occhi e capitali solo per lei: la donna che alimentava la finanza londinese e allattava con il suo liquido bianco e colloso i conquistadores della gomma. La nutrice che si prendeva cura dei bambini per essere violentata giorno dopo giorno dal padrone. Fino a quando un signore di origini irlandesi non dichiarò al mondo che in Malesia le piantagioni di hevea – la pianta da cui si estrae il caucciù – erano più produttive e convenienti di quelle amazzoniche. E allora il padrone rinnegò la nutrice, la abbandonò e si preoccupò di violentare un ventre fertile all’altro capo del mondo. Ma prima strappò alla nutrice il prezioso seme della gomma e lo impiantò in Asia. Fu allora che il sipario calò, l’Europa si dimenticò di Manaus, Manaus ringraziò e il ciclo della gomma ebbe fine. Continued…
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By marabou
– 27/06/2014
Pubblicato su Carmilla il 19 giugno 2014
Colombia-Costa d’Avorio, 19 giugno 2014
Siamo molte e molti qui a Rio de Janeiro. Tutti architetti e architette: Mikel e Iñigo dal País Vasco, Rebeca e Pablo dalla Galizia, Andrés e Jimena da Madrid, Victor da Maiorca e una manciata di Marie provenienti da tutta la penisola iberica. Io sono una di quelle e per distinguermi dalle altre – Maria “Manaus”, Maria “Caipirinha”, Maria “Niemeyer” – mi chiamano Maria “Catalã”.
Sono arrivata a Rio due anni fa, dopo un mese avevo già un lavoro, dopo tre ho rinnovato il visto di turismo e dopo sei sono dovuta rientrare in Spagna se non volevo diventare clandestina, certo una clandestina di serie A perché europea ma sempre clandestina. Tornata a Barcellona mi sono iscritta online a un’università privata di Rio de Janeiro e sono riuscita a ottenere dal consolato brasiliano di Madrid un visto da studente della durata di un anno. Ho pagato la retta dei primi tre mesi, saltata su un volo e ritornata nella stessa casa diroccata nel quartiere di Santa Teresa, nello stesso studio d’architettura su Rua Joaquim Moutinho. Continued…
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By marabou
– 27/06/2014
Pubblicato su Carmilla il 12 giugno 2014.

Pelé
Brasile-Croazia, 12 giugno 2014. «Almeno abbiamo un carcere in meno. Ti sembra poco?» erano le ultime parole che Olavo Cuadros aveva rivolto al Babalaò in una notte che avrebbe ricordato come una delle più gelide della sua esistenza. Il serpente di carne ed ectoplasma guidato dallo spirito di Oshumare aveva appena raso al suolo Sepultura – il carcere di massima sicurezza di San Paolo – mentre Olavo dalla collina si godeva compiaciuto lo spettacolo. Non poteva augurarsi di meglio: insieme si sgretolavano le mura di un’istituzione che non aveva mai tollerato e le colonne vertebrali di ribelli senza patria che disgustava. Le carceri non gli erano mai andate a genio, il problema andava estirpato alla radice. Torture e privazioni di libertà fortificavano i ribelli, bisognava farli sparire come in Argentina, quello sì che era un metodo che funzionava. Puf! E il problema svaniva.
Se no poi – e lo gridava continuamente alle sue reclute durante le esercitazioni – accadevano spiacevoli episodi come quello di Carandiru nel ’92 e di Sepultura nel ’98: i detenuti si organizzavano, si ribellavano e a quel punto si era costretti a sparare, e dopo lo scandalo internazionale a cambiare addirittura nome al carcere. Così era successo per Carandiru rinominato Sepultura, e per Sepultura oggi intitolato alla stella più osannata del firmamento calcistico brasiliano. Ma, sebbene il suo nome originale sia “Casa de detenção Edson Arantes do Nascimento Pelé”, fin dai primi giorni dalla sua inaugurazione – avvenuta nel 2004 – il penitenziario è stato ribattezzato con uno dei soprannomi di Pelé: “La Perla Nera”. Olavo sorride pensando alla curiosa coincidenza semantica: la popolazione carceraria de “La Perla Nera” è per il 90% afro-discendente. Continued…
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By marabou
– 12/06/2014
In risposta all’intervento Mondiali di calcio: ovunque ma non in Brasile? di Gennaro Carotenuto dell’8 giugno 2014.
Qui non si tratta di giudizi astratti e di visione occidentalistica del mondo, qui si tratta di criticare un governo che decide di abbracciare in toto gli strumenti del capitalismo più becero stampando sulla propria bandiera – accanto al dogma “ordine e progresso” – la parola neoliberismo. E non si tratta neppure di dare un giudizio paternalistico e neocoloniale sull’adeguatezza o meno del Brasile a ospitare un Mondiale.
I costi esorbitanti (di cui beneficerà chi?) e i morti nei cantieri sono un dato di fatto che non si può liquidare in due righe; così come le mobilitazioni brasiliane non possono essere sminuite e svuotate del loro significato più profondo. Non c’è nessun sovvertimento radicale di gerarchie nel «rigiocare dopo 64 anni i mondiali nel paese che simboleggia il calcio più di ogni altro». La vera sovversione sarebbe stata tirarsi fuori dai cannibaleschi pranzi di gala del capitalismo mondiale, cosa che né Lula, né Dilma hanno avuto il coraggio di fare. Non si esce da nessuna «gabbia della centralità dell’Occidente» con i medesimi strumenti dell’Occidente, ma ci si entra a capo fitto nella gabbia e con un gesto definitivo che rischia di svuotare completamente di significato le politiche sociali portate avanti dai due leader. Continued…
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By marabou
– 09/06/2014
Pubblicato su Carmilla l’11 aprile 2014.
Partecipiamo ad un dibattito il cui ospite d’eccellenza è Maurizio Pallante, presidente del Movimento per la Decrescita Felice. Non conosciamo a fondo il movimento italiano, sappiamo giusto chi è Latouche e che qualche giorno fa ha paccato una nostra amica recatasi a Venezia apposta per intervistarlo. Ciò non ci impedisce però di soffermarci sulla locuzione “decrescita felice” e concentrare le nostre perplessità sull’aggettivo “felice” piuttosto che sul sostantivo “decrescita”. Il monologo non fa in tempo a partire che l’aver dubitato della purezza della locuzione – come nelle peggiori maledizioni – si ritorce immediatamente contro di noi: la felicità comincia a decrescere vertiginosamente. Siamo in buona compagnia, un signore brizzolato si avvicina e con gli occhi spalancati di stupore ci domanda se l’incontro ha a tema ladecrescita felice o la felicità incresciosa. Poi il suo sguardo si fa duro e ci squadra incazzato. Continued…
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By marabou
– 17/04/2014

Morti di fama
Pubblicato su Carmilla il 24 marzo 2014.
[Stavo per impaginare una segnalazione di alcuni titoli di saggistica, quando il caso ha voluto che un collaboratore di Carmilla, Simone Scaffidi Lallaro, mi abbia proposto un’interessante recensione di uno dei libri che avevo intenzione di segnalare, cioè Morti di fama di Loredana Lipperini e Giovanni Arduino. Ho colto al volo l’occasione montando la sua recensione assieme alla mia segnalazione, che sta in coda alle sue parole] A.P.
Giovanni Arduino, Loredana Lipperini, Morti di fama. Iperconessi e sradicati tra le maglie del web, Milano, Corbaccio, 2013, pp. 137, € 12.90.
di Simone Scaffidi Lallaro
Un libro che non avrei mai comprato e che a dirla tutta non ho comprato davvero. Il caso ha voluto che appena ricevuta la tessera magnetica per i prestiti fai da te ho notato tra le novità la copertina bordeaux di Morti di fama e non ho resistito all’attrazione di provare le nuove tecnologie bibliotecarie. Certo, le novità sullo scaffale erano molte e oltre al titolo ammiccante sono stati i nomi degli autori – Loredana Lipperini e Giovanni Arduino – a convincermi al grande passo. Continued…
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By marabou
– 14/04/2014