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Kandinsky a nord-ovest

Pubblicato su il IlSudEst il 17 agosto 2012.

Dal SudEst all’estremo nord-ovest per incontrare l’arte di Wassily Kandinsky, considerato uno degli artisti più importanti del XX secolo. È infatti in corso e durerà fino al 21 di ottobre, presso il museo archeologico regionale di Aosta la mostra Wassiliy Kandinsky e l’arte astratta tra Italia e Francia a cura di Alberto Fiz, dedicata al pittore e scultore russo dalla cittadinanza francese e tedesca. L’esposizione ospita, oltre a una quarantina di opere dell’autore dipinte tra il 1925 e il 1940, di cui alcune mai prima d’ora esposte in Italia, varie tele di artisti italiani e non, che dialogano creativamente con la produzione dell’eclettico russo.

Esposizione al Museo Archeologico di Aosta

Una sala della mostra è dominata dalla riproduzione della decorazione murale che Kandinsky compose su ceramica nella Sala da Musica dell’Esposizione internazionale di architettura di Berlino nel 1931, di cui curò anche l’allestimento. Qui è anche presente un pianoforte di ultima generazione che riproduce tracce di musica classica e i cui tasti affondano come pigiati da un fantasma. I più sognatori avranno senza dubbio immaginato un elegante Kandisky, ritratto in foto a pochi passi dal pianoforte, sedersi sullo sgabello e iniziare a volteggiare tra le note, affondando le dita nello strumento. Oltre ad essere un ottimo pittore era anche un buon suonatore di violoncello e pianoforte, grande estimatore di Wagner. Non a caso infatti le sue opere avevano spesso un legame profondo con la musica e i suoi colori si traducevano sulla tela in vere e proprie metafore sonore. Se la musica non riproduceva le forme del reale così come l’occhio nudo le riconosce perché la pittura non poteva fare lo stesso? E andava oltre Kandinsky, tentava di colorare i suoni e giocava con la sinestesia, quella figura retorica che ha creato tanti problemi a un altro e meno illustre russo, Solomon Shereshevsky, l’uomo dalle memoria infinita e che ha invece reso immortale il nostro astrattista.

Pensare che la prima italiana, organizzata dall’architetto Alberto Sartoris presso la Galleria del Milione di Milano e protrattasi dal 24 aprile al 9 maggio 1934, era stata un’autentico flop. Una sola opera era stata venduta alla cifra di 1500 lire e la critica non aveva dato grande spazio a quel primo debutto italiano di Kandinsky. A dir la verità, qualcuno se ne era occupato, il direttore della rivista Il Selvaggio Mino Maccari era intervenuto e aveva detto la sua a proposito dell’esposizione:

ci si domanda come si può permettere che in pieno anno dodicesimo cali in Italia – per la prima volta – l’ebreo russo bolscevico Autore delle più ridicole baggianate che si siano viste.

 Il 1934 in Italia non era solo il 1934 ma anche il dodicesimo anno dalla presa del potere di Mussolini. L’ufficialità della cultura fascista non poteva tollerare le forme nuove e anarchiche dell’arte di Kandinsky, men che meno la sua discencenza razziale o il suo paese natale, terra contaminata dalla Rivoluzione d’ottobre. I pannelli dell’esposizione valdostana riprendono le parole de Il Selvaggio ma il nero dei caraterri impresso sul muro della sala successiva sembra rispondere con immediata pacatezza alla provocazione fascista:

ogni epoca presenta un “contenuto” spirituale nuovo che esprime attraverso forme esatte e convincenti. Si tratta di forme nuove, inattese, sorprendenti e perciò irritanti: in genere ci si oppone a queste forme perché esprimono uno spirito nuovo, ostile alla tradizione, la quale è diventata un’abitudine comoda. Wassily Kadinsky.

Una bella esposizione di colori e note in cui vale la pena avventurarsi. Un buon antipasto per chi ancora non conosce Wassily Kandinsky e dimostra scetticismo nei confronti della pittura astratta. Un’ulteriore conferma per gli appasionati della sua arte, che avranno la possibilità di ammirare opere mai esposte prima d’ora in Italia e tuffarsi, insieme alle note del pianoforte, nella Berlino del 1931.

*fonte immagine: http://www.independentstyle.it/EN/Art/blog_2850.aspx

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