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Polícia Federal, “volta ao seu país!”

Sono immigrato in via di regolarizzazione nella città di Rio de Janeiro. Oggi è il 29° giorno che sono in Brasile ed entro il 30° dalla mia entrata nel paese devo recarmi alla Polícia Federal (con sede all’Aeroporto Internacional de Rio de Janeiro) per farmi riconoscere il visto. Ho pagato una tassa di un centino di euri, che si aggiunge alle spese consolari pre-partenza, e fotocopiato un bel po’ di documenti. L’aeroporto è a circa 45 minuti dal centro, per arrivarci il taxi è il mezzo più comodo e più caro 20 euro, in alternativa c’è l’autobus, 40 minuti a piedi più 40 minuti di autobus, 4 euro.Vi sarete chiesti come mai mi sono ridotto proprio all’ultimo giorno? Vi racconto questa storia.

 
Policia Federal 1.
(9 Agosto 2011, 0°giorno) .

Arrivo all’Aeroporto Internacional de Rio de Janeiro alle ore 5 del mattino. Sono partito dal Costa Rica e quindi per il mio corp o, a causa del fuso, è come se fossero le 2 di mattina. Mi reco alla Polícia Federal per chiedere informazioni su come fare per legalizzarmi, quali documenti portare, ecc. Dopo 2 orette di fila riesco ad ottenere ciò di cui avevo bisogno: un foglietto con indicate le pratiche da sbrigare entro i 30 giorni. Nella “fila”, protagonista assoluta di questa storia, incontro Andrés e Maria. Sono spagnoli di Madrid, architetti, anche loro in fila per il visto. Ci facciamo una chiacchiera, subito mi piacciono molto. Questa notte non so dove andare a dormire mi consigliate un ostello? A Glória ce n’è uno abbastanza economico. Bene, sorrido. Se vuoi una nostra amica forse ha dei posti in casa, scambiamoci i numeri di telefono e le mail che ti faccio sapere. Grazie, sorrido. Davvero Andrés. Grazie. Spero di rincontrarvi, passare del tempo con voi, siete gentili.

 
Policia Federal 2.
(16 Agosto 2011, 7° giorno).

Ho preparato tutti i documenti, almeno mi levo subito questa briga. Nel frattempo ho dormito 5 notti nell’ostello consigliato da Andrés e Maria e li ho conosciuti meglio, siamo usciti insieme qualche sera. Ho confermato le mie sensazioni positive su di loro e sui loro amici. Mi piacciono. Nella casa della loro amica Rebeca a Santa Teresa, c’erano delle stanze libere. Ho trovato casa. Grazie. Alla fine non sono riusciti a concludere niente la volta scorsa in aeroporto, devono tornarci. Ci torniamo assieme alle 5 di mattina per evitare di passare tutta la giornata li, considerando la fila chilometrica che ci aspetta. Alle 10 finalmente, dopo 5 ore riusciamo a parlare con qualcuno, è il loro ultimo giorno disponibile per fare il visto, usciranno alle 5 del pomeriggio dall’aeroporto dopo 12 ore sotto l’aria condizionata. Nonostante io sia li dalle 5 di mattina, devo tornare l’ultima settimana disponibile prima che scadano i miei 30 giorni. Non ho la priorità = non sono in ritardo e non sono in extremis. Cerco di spiegare che ho l’università che mi devo svegliare tutte le volte alle 4 per andare li e stare in fila 5 ore se va bene, che mi mette male tornare fin laggiù, che sul sito dove ho stampato i documenti c’era scritto di venire quando volevo, che ho fatto tutte le cose come dovevano essere in poco tempo. Niente. Parole a vuoto. La poliziotta davanti a me non mi guarda nemmeno, non mi degna di una parola, continua il suo lavoro meccanicamente. Insisto educatamente. Ad un certo punto il poliziotto al suo fianco, si alza in piedi, mi acceca con il distintivo enorme dorato che porta in bella mostra sul petto e mette la sua faccia a poche dita dalla mia. Inizia ad urlarmi contro di andarmene che se no mi fa venire a prendere. Cerco di calmarlo, continua ad urlare, dicendomi di abbassare la voce, paradossale. Tutti dietro di me assistono alla scena, tutti ne ho la certezza solidali com me. Desisto. Vado a sedere vicino ad Andrés e Maria, l’autorità gli há dato alla testa commentiamo com Andés. È uma locura. Lascio Andrés e Maria e vado a prendere l’autobus. Ancora non lo so, ma sono diventato una specie di celebrità all’Aeroporto Internacional de Rio de Janeiro. Un ragazzo peruviano, lavoratore del centro di bassa statura, si avvicina a me e mi chiede cosa è successo. Gli spiego, anche lui è arrivato alle 5 e l’hanno rispedito a casa, sembra abituato a questo genere di cose, impotente, tutta la sua solidarietà. Dovrò passare in Rua dos Passos 100 dal tuo negozio. Dopo poco un ragazzo di colore mi sorride, si avvicina e mi chiede cosa è successo. Gli spiego, tutta la sua solidarietà. Lui è angolano è arrivato alle 5 e mezza. Dopo 5 ore di fila gli hanno detto di tornarsene a casa: biglietti finiti. Ride, è abituato, anche lui impotente, non è incazzato. Ce la chiacchieriamo nell’autobus, è simpatico. Mi sono fatto un nuovo amico, studia economia in centro in università privata, mi ci porta e mi dice che quando voglio posso utilizzare i computer visto che nella mia università è in atto uno sciopero duro per i tagli alla cultura e all’università pubblica. Andiamo a mangiare insieme a peso, ci scambiamo i numeri, una di queste sere usciamo assieme. Devo richiamarlo. Non l’ho ancora fatto. Male.

Policia Federal 3.
(6 Settembre 2011, 28° giorno).

È il 28° giorno ma io penso sia il 29° perché comprendo nel conto anche il 9 di agosto. Domani in Brasile è festa, si celebra l’Indipendenza dal Portogallo, datata 7 settembre 1822. Per non pagare la tassa che scatta al 31° giorno vado oggi, mi avevano detto di tornare l’ultima settimana. Partiamo alle 4 da Santa Teresa con Leonardo, arriviamo la e aspettiamo fino alle 9 e mezza. Leonardo è arrivato a Rio l’8 di Agosto. Lui lo faranno. Il mio ultimo giorno non è oggi è giovedì 8 settembre. Devo tornare giovedì. Ma come? Dovevo contare dal 10 non dal 9. Aiuto. Ma mi avevate detto di tornare l’ultima settimana. Non posso tornare di nuovo ho l’università, sono soldi tutte le volte venire fin quaggiù. Nessuno mi calcola, le mie parole a vuoto. Insisto, non ricevo urla nella faccia ma la promessa che se continuo mi fanno venire a prendere. Devo tornare l’ultimo giorno non ci sono discussioni, presentati giovedì mattina, chiaro all’alba se no non riusciamo a farti. Non sto alzando la voce, sto cercando di mantenere la calma, di parlare, ma non ne ho il diritto. Forse perché ancora non sono regolare dopodomani se riuscirò a legalizzarmi avrò questo diritto? Chi lo sa vedremo. La ragazza dopo di me è cubana, dottoranda in fisica, segue le lezioni e dà lezioni all’università. Ha preso il giorno libero per passarlo qui, anche lei è nella mia stessa situazione. Insiste. Non può tornare di nuovo. Non riceve risposta. Occhi bassi della poliziotta automa senza orecchie. La cubana gli dice che la situazione è molto triste, la risposta della poliziotta senza orecchie ma con la voce e il cristo redentore sulla divisa è laconica ed impressionante: “Volta ao seu país!” (“Torna al tuo paese!”) Aiuto. Impotenza condivisa. Torno all’autobus, mi sto abituando ad essere trattato male, è un bene? È un male? Alla fermata incontro Zochil, la cubana, ci guardiamo, sorrisi amari. Sull’autobus parliamo di Cuba, Fidel Castro, la fisica, la fila, Rio de Janeiro. Io non lo sapevo che a Cuba non si potesse scioperare. È mi piace come parla della sua terra mi sembra riesca a comunicarmi la complessità, l’impossibilità di aderire a categorie di “buono” e “cattivo”. Ho una nuova amica.

Policia Federal 4.
(8 Settembre 2011, 30°giorno).

Stanotte vado ad accamparmi in aeroporto davanti alla porta dell’uffcio stranieri. Domani pensate a me. Vi comunicherò se sono riuscito a firmare l’armistizio con la Polícia Federal.

Posted in latinoamerica.

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5 Responses

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  1. spleen says

    Beh.. lo spero! Però vedi che la Polícia Federal fa di tutto per farti fare nuove amicizie.. non lo sottovaluterei stando così lontano da casa :)
    Ti prego firma quest’armistizio. Intanto l’Italia sembra tutto, meno che pacificata! (ah.. ma non lo era neanche dopo l’8 settembre.. ok: è tutto nella regola)

  2. spleen says

    https://twitter.com/#!/step_inside/status/111545090643722240
    (ti faccio pubblicità.. purtroppo @noblogs l’aveva twittato ma senza link, diceva [incorrect url])

  3. simo says

    Esatto.. in qualche modo sono profondamente debitore alla Polícia Federal per avermi fatto incontrare Andrés e Maria che mi hanno aiutato tantissimo ed è grazie a loro che sono stato in un ostello tranquillo ed economico e ora sto in questa casa. E poi la gente collegata a loro: Leo, Rebeca, ecc.. Insomma grazie Polícia Federal! La metafora della complessità del mondo, cose brutte alternate a cose belle che s’intersecano in continuazione. Disumanità e umanità in eterna alternzanza all’aeroporto e sull’autobus.

  4. ste says

    Dai che quando leggerai ‘sti commenti sarai già apposto.
    Però la prossima volta ricorda:
    1) quando te ne vai (in Brasile!) e io non ne so nulla, non va bene!!
    2) “Inserisci le lettere mancanti: A_l c_p_ _re ba_ _a_ds ! “: del tipo gli sbirri so’ sbirri a ogni latitudine e longitudine!
    3) Fatti sentire anche quando sarai un fottutamente ‘in regola’ ;)
    Un abbraccio!
    s.

  5. simo says

    finalmente ce l’ho fatta.. dopo una nottata in aeroporto in compagnia dell’aria condizionata a palla.

    Quanto affetto! Mi son fatto twitter. Se non cade in disuso fra tre giorni per la mia pigrizia ed imparo ad usarlo forse riusciamo ad aggiornarci più spesso! Belin, specie con i desaparecidos come ste che neanche sapevano del Brasile ;)

    grande ste! grande alf! Un abbraccio triplo